Raccoglie sempre più consenso scientifico il fatto che i gas – in particolare i gas di carbonio – rilasciati dalle eruzioni vulcaniche milioni di anni fa abbiano contribuito ad alcune delle maggiori estinzioni di massa sulla Terra. Ma una nuova ricerca presso il City College di New York suggerisce che questa non è l’intera storia. Continua a leggere
estinzione
La combustione del carbone potrebbe aver causato la peggiore estinzione di massa della Terra
Un colpo doppio potrebbe aver aiutato a uccidere i dinosauri
Una nuova ricerca della University of Oregon ha identificato fluttuazioni legate alla gravità risalenti a 66 milioni di anni fa lungo profonde dorsali oceaniche che indicano un “colpo doppio”, il primo dalla grande meteora che ha colpito la penisola messicana dello Yucatan, probabilmente innescando il secondo, un’emissione a livello mondiale di magma vulcanico, che forse ha aiutato a sigillare il destino dei dinosauri.
Lo studio di Byrnes e Leif Karlstrom, professore nel Dipartimento di Scienze della Terra dell’UO, è stato pubblicato il 7 febbraio su Science Advances. Descrive dettagliatamente dati inerenti episodi di vulcanismo conservati lungo le dorsali medio oceaniche, che segnano i confini delle placche tettoniche. I dati provengono da cambiamenti nella forza di gravità nel fondo marino.
I risultati dello studio, supportato dalla National Science Foundation dell’UO, dice Karlstrom, hanno indicato un impulso di accelerazione dell’attività vulcanica mondiale che include eruzioni potenziate nei Trappi del Deccan dell’India dopo l’impatto di Chicxulub. I Trappi del Deccan, nell’India centro-occidentale, si sono formati durante un periodo di massicce eruzioni che hanno riversato strati di roccia fusa profonda migliaia di metri, creando uno dei più grandi tratti vulcanici della Terra.
La regione dei Trappi del Deccan è entrata e uscita dal dibattito sui dinosauri. Rari eventi vulcanici di tale scala sono noti per causare anomalie catastrofiche al clima terrestre e, quando si verificano, sono spesso legati alle estinzioni di massa. Enormi eventi vulcanici possono espellere così tanta cenere e gas nell’atmosfera che poche piante sopravvivono, interrompendo la catena alimentare e causando l’estinzione degli animali.
Poiché le prove della caduta di un meteorite vicino all’odierna Chicxulub, in Messico, sono emerse negli anni ’80, gli scienziati hanno discusso a lungo se fosse stato l’urto della meteora o i Trappi del Deccan che hanno dominato nell’evento di estinzione che ha ucciso tutti i dinosauri tranne gli uccelli.
Con il passare del tempo, migliorando i metodi di datazione, si è trovata l’indicazione che i vulcani dei Trappi del Deccan erano già attivi quando la meteora ha colpito. Le conseguenti onde sismiche che si sono mosse attraverso il pianeta in seguito alla caduta del meteorite, ha detto Karlstrom, probabilmente hanno determinato un’accelerazione di quelle eruzioni.
“Il nostro lavoro suggerisce una connessione tra questi due eventi estremamente rari e catastrofici, distribuiti su tutto il pianeta“, ha detto Karlstrom. “L’impatto del meteorite potrebbe aver influenzato le eruzioni vulcaniche che stavano già accadendo, ottenendo una bella doppietta“.
Questa idea si è rafforzata nel 2015 quando i ricercatori dell’Università della California a Berkeley, hanno proposto di collegare i due eventi. La squadra, che comprendeva Karlstrom, suggerì che il meteorite avrebbe potuto modulare il vulcanismo generando potenti onde sismiche che produssero terremoti in tutto il mondo.
Analogamente agli impatti che i normali terremoti tettonici talvolta hanno sui pozzi e sui corsi d’acqua, ha detto Karlstrom, lo studio ha proposto che il sisma abbia liberato il magma proveniente dal mantello sotto i Trappi del Deccan e ne abbia maggiorato le eruzioni.
Le nuove scoperte dell’UO estendono l’innesco di queste eruzioni avvenute in India ai bacini oceanici in tutto il mondo.
Byrnes, ora ricercatore post-dottorato presso l’Università del Minnesota, ha analizzato serie di dati globali disponibili al pubblico sulla gravità, la topografia dei fondali oceanici e i tassi di diffusione tettonica.
Nelle sue analisi, ha diviso il fondale marino in gruppi di 1 milione di anni, costruendo un record che risale a 100 milioni di anni fa. In corrispondenza di 66 milioni di anni fa ha trovato prove di un “impulso all’attività magmatica marina di breve durata” presente lungo le antiche creste oceaniche. Questo impulso è suggerito da un picco nel tasso di insorgenza di anomalie gravitazionali osservate nel set di dati.
Le anomalie della gravità, misurate in piccoli incrementi chiamati milligrammi, spiegano le variazioni dell’accelerazione di gravità, rilevate dalle misurazioni satellitari di ulteriori bacini di acqua marina dove la gravità terrestre è più forte. Byrnes trovò cambiamenti nelle anomalie gravitazionali tra i cinque e i venti milligrammi associati al fondale marino creati nel primo milione di anni dopo la caduta della meteora.
La vita continuò per quanto riguarda gli ecosistemi marini dopo l’estinzione di massa
Un team internazionale di scienziati, tra cui il dottor Alex Dunhill dell’Università di Leeds, ha scoperto che, anche se l’estinzione di massa nel periodo tardo Triassico ha eliminato una vasta proporzione di specie viventi sulla terra ferma, non sembra ci siano state drastiche modifiche al funzionamento degli ecosistemi marini.
L’autore principale dello studio, il Dr Dunhill, dalla School of Earth and Environment at Leeds, ha dichiarato: “Mentre l’estinzione di massa del Tardo Triassico ha avuto un grande impatto sul numero complessivo di specie marine, c’era ancora abbastanza diversità tra le specie residue e quindi l’ecosistema marino era in grado di funzionare allo stesso modo in cui funzionava prima dell’estinzione“.
“Non stiamo dicendo che non è successo niente“, ha detto il co-autore dello studio, Dr William Foster, paleontologo della School of Geosciences di Jackson presso l’Università del Texas a Austin. “Piuttosto, gli oceani nell’ultimo periodo dell’estinzione erano un po’ come una nave con un equipaggio di scheletri – tutte le stazioni erano operative, ma gestite da relativamente poche specie“.
L’estinzione di massa del Tardo Triassico si è verificata 201 milioni di anni fa. Quasi il 50 per cento della vita sulla Terra è morto a seguito di enormi eruzioni vulcaniche. L’attività vulcanica ha portato alla presenza di elevati livelli di gas a effetto serra nell’atmosfera che hanno portato a un rapido riscaldamento globale. Le eruzioni sono associate anche alla rottura del supercontinente Pangea e alla nascita dell’Oceano Atlantico.
La squadra ha confrontato il comportamento degli ecosistemi marini attraverso l’evento di estinzione di massa del Tardo Triassico esaminando i fossili dal Medio Triassico e del Medio Giurassico – un intervallo di 70 milioni di anni. Hanno classificato lo stile di vita di diversi animali che abitavano l’oceano in base a come si muovevano, dove vivevano e come si alimentavano.
Erano quindi in grado di determinare che nessuno di questi stili di vita era scomparso completamente a causa dell’evento di estinzione, che quindi conservò l’ecosistema marino.
I loro risultati, pubblicati il 20 ottobre su Palaeontology, hanno dimostrato che, mentre l’estinzione non ha portato a un cambiamento ecologico marino globale, ha avuto profondi effetti regionali e ambientali e ha avuto un impatto estremo su ecosistemi marini specifici.
Il dottor Dunhill ha dichiarato: “Una delle grandi vittime marittime del Tardo Triassico sono stati gli animali stazionari delle scogliere, come i coralli. Quando abbiamo esaminato i dati fossili, abbiamo visto che mentre l’ecosistema marino ha continuato a funzionare nel suo complesso, ci sono voluti milioni di anni per gli ecosistemi delle barriere tropicali per recuperare da questo cataclisma ambientale“.
“Gli ecosistemi della barriera corallina sono i più vulnerabili a un rapido cambiamento ambientale. L’effetto dei gas serra del Tardo Triassico sugli ecosistemi marini non è così diverso da quello che vediamo accadere oggi alle barriere coralline che soffrono per la maggiore temperatura degli oceani“.
Il co-autore, professor Richard Twitchett, del Museo di Storia Naturale di Londra, ha dichiarato: “Comprendere l’entità del crollo delle barriere durante le estinzioni passate può aiutarci a prevedere ciò che è in atto per i nostri ecosistemi marini moderni“.
“Gli ecosistemi tropicali hanno subito diffuse devastazioni ogni volta che i gas a effetto serra sono aumentati rapidamente in passato, nonostante le differenze nei tassi di cambiamento e nel numero delle specie coinvolte. Quando vediamo eventi simili che si sono verificati in passato, nonostante le diverse condizioni di partenza, risposte simili probabilmente si verificcheranno ancora in futuro“.
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